venerdì 15 ottobre 2010

IL CIELO IN UNA... STRONZA! I 10 FINALISTI

Belli! Bellissimi, i racconti di questa terza edizione de “IL CIELO IN UNA… STRONZA!”
Quelli che potete leggere qui sotto sono i 10 finalisti.
Auguri e complimenti ai loro Autori!
Tra pochissimi giorni si conosceranno anche le menzioni speciali, i cui racconti non parteciperanno alla premiazione finale, ma saranno letti e interpretati durante la cerimonia che si svolgerà presso l’Azienda Marino ad Agropoli (SA), il 20 novembre 2010.
Vi aspettiamo numerosissimi insieme alle nostre stronze scelte!
AUGURI!


Mi chiama e mi chiede: "Ti va se pranziamo insieme?"
'Mi va se pranziamo insieme e sai cosa ancora di più? Mi va se pranziamo insieme e poi non mi chiami mai più, tu e il tuo dirmi che sono brutto ma così brutto che secondo te sono di un'altra specie. E sai cosa ancora di più? Ancora di più mi va se non ci vediamo per niente, almeno fino a quando non mi riscrescono i capelli, chè da quando li ho tagliati mi dici che l'unica differenza tra me e Calimero è che lui è nero e io sono bianco ma così bianco che forse sono morto e non lo so. E sai cosa ancora di più? Ancora di più mi va se dopo pranzo andiamo a mangiare il gelato alla crema e, come l'altra volta, ci scattiamo le foto in cui sorridiamo e abbiamo la faccia da ebeti e siamo tanto carini. Pensandoci, quasi mi intenerisco a guardarle. Certo, sei stata un po' stronza a dirmi che se fossi stato diverso mi avresti amato per quello che ero. Ma sai cosa? Credo che dovremmo smetterla di essere due persone che si piacciono e diventare almeno due persone che si frequentano senza impegno. Magari evitando di frequentare altre persone. Magari poi una volta ti presento i miei. Il matrimonio di mio cugino sarebbe un'ottima occasione'.
"Mi va se pranziamo insieme", le dico.
"Bene, porto anche il mio ragazzo allora, così te lo presento. A dopo".
Meno male che nella vita ci sono cose più importanti, come il gelato alla crema.

Giovanna Romanucci
giovitta@libero.it


– Oh, che ristorantino delizioso! – esclama Veronica, ravviandosi il ciuffo dietro l’orecchio, – Tesoro, deve essere davvero molto costoso, eh?! –. Sbircia la cifra sul conto e batte le mani dall’entusiasmo: quanti numeri!
– Per la mia futura sposa solo il meglio! – sorride Renzo, tutto fasciato nel suo completo giacca e cravatta.
Veronica gli prende la mano e lo trascina lungo il sentiero, attorniato da oleandri e lampioni accesi.
– Non riesco a smettere di guardare i tuoi occhi: brillano di luce propria! Sono felice... di vederti felice!
– Oh! – si illumina Veronica, con la porcellana e il cristallo dei bicchieri stampati sulle iridi, – Finché mi porterai in posti così lussuosi lo sarò sempre! Lo farai spesso, vero?! –.
– Vedremo... – risponde Renzo, a metà fra l’imbarazzato e il sostenuto. Coppie sedute ai tavoli sembrano ascoltare la loro conversazione e questo lo mette a disagio.
– Perché?! Che cosa c’è da vedere, amore? – insiste, facendogli il solletico sul naso.
– Da vedere? Direi... niente!
– E poi tu sei così ricco!
– Veronica! – la ammonisce sottovoce – Sì, certo... ma frena l’entusiasmo! Non sta bene davanti ad altri! –.
Ella sporge il labbro superiore, piagnucolosa, e Renzo si lascia sfuggire una risata, perché non sa resistere davanti ad un broncio così carino.
Dopo averla riaccompagnata a casa, torna nel suo appartamento, sospirando d’amore. “E’ la donna della mia vita” mormora fra sé e sé. Sognando il suo volto, sente il bisogno di vedere una sua foto e apre Facebook. Ogni album è un ricordo di felicità: il viaggio a Roma, la gita a Venezia... Improvvisamente, appare un’ immagine appena inserita, scattata nel giardino di oleandri. I loro volti sorridenti con la didascalia “Io e il mio Bancomat”.
Il Bancomat si ripiega su se stesso, come una banconota stropicciata.
Francesca Soriani

frencysorry@hotmail.it

Bene molto bene benissimo.
Menomale che mi ha lasciato lui almeno non ho dovuto lasciarlo io, poverino, se ne era accorto anche da solo che oramai non ce n’era più.
Adesso mi sento libera, ho un sacco di tempo per me, prima e metti in ordine, e sii sexy, e stira il vestitino, basta, ora è tutto diverso, tipo ho i piatti nel lavandino e chi se ne frega.
Tipo ho i peli sulle gambe e chi se ne frega.
Tipo non ho neanche voglia di lavarmi e nessuno se ne frega, tipo.
Libera di fare quello che voglio, che non faccio ma solo perché non voglio, mi va di uscire ed esco e mi va di andare col primo che capita e ci vado, poi che c’entra, le mie amiche sono tutte col fidanzato, e se penso che loro saranno là a cena nel solito posto fuori mano però economico ma tutte in tiro lo stesso come le compatisco.
Che pena che mi fanno, incastrate solo per non avere il coraggio di lasciarli, quegli inutili.
Solo per non avere il coraggio di farsi lasciare, come me, che adesso mi vesto ed esco e per caso passo davanti casa sua, ma solo perché è di strada, ho un orgoglio, io, guardo se le luci sono accese, se la macchina c’è.
E se lo incontro per caso che esce?
Non esiste che mi faccio vedere conciata così che poi magari pensa, l’illuso, che io stia chiusa in casa a serate a soffrire per lui, meglio se prima tolgo questi peli dalle gambe, magari do anche una stirata al vestitino, così vede quanto sto bene, se c’è.
E se non c’è?
Dov’è, se non c’è?
Con chi è?
Sarà mica il caso di chiamarlo, prima?
Lo chiamo a casa e se risponde butto giù.
Il dramma è se non risponde.
Se non risponde o non c’è o peggio.
E per peggio intendo molto peggio.
E per molto peggio intendo che ora vado là e l’ammazzo senza neanche depilarmi, non ci posso pensare.
No, dio, che dico, senza depilarmi è troppo, che poi magari è solo.
Già.

claudiacaffe@libero.it


Eccolo. Nonostante la sua politica di preferire donne non troppo belle e appariscenti, avrebbe abboccato all’amo in un battito di ciglia. Sarebbe stato ancora più stuzzicante se Ida avesse accettato di presentarci, ma la poverina, ancora illusa di un amore inesistente, temeva che non cadesse nella trappola.
Controllo alla vetrina, dunque, tacchi a spillo, mini, e top bianco. Calze no, fa proprio troppo caldo. Questo tessuto leggero ed aderente è proprio perfetto per valorizzare senza mostrare troppo. Le armi sono cariche. Via all'attacco.
Entro nel locale, mi siedo con disinvoltura agli sgabelli del bancone e mi guardo intorno. Eccolo che mi punta. Ancora più veloce di quanto immaginassi. Chissà che non soffra di questa fretta anche in altri frangenti. Sguardo indifferente, se lo guardo rovino tutto con una risata. Ecco che si avvicina.
"Sola?" Ah che esordio banale. Come può essere un play-boy questo qui? Accetto uno dopo l’altro tre aperitivi, spera di ubriacarmi? Povero illuso, non immagina quanto sia ancora lucida. Mi accompagna all’auto. Eh già un parcheggio così buio è troppo pericoloso per una dolce e ingenua ragazza sola. Sciocco. Arrivati all'auto chissà come il grande amatore si rivela un buon baciatore, ma, come sospettavo, ha molta fretta. Soffre d'incontinenza? Lo assecondo per un po', senza carezze esplicite, strusciandomi come per caso. Quasi mostrando di gradire, quasi. Sguardo ingenuo, lieve tremore e mi mostro conquistata. Mi porta a cena nel ristorante più in della città. Ovviamente ordino i piatti più cari. E’ già cotto. Di nuovo nel parcheggio, stavolta con pubblico dato che ho chiamato Ida. Di nuovo a pomiciare appoggiati alla portiera. Appena prova un approccio vero, lo lascio lì e lo saluta Ida. Uno spettacolo la sua faccia. Ricevi ciò che dai.

Libera Schiano (liberasl75@hotmail.com)


“Così non si può continuare. Sono stanco di fingere di essere una persona che non sono. Da quando stiamo insieme mi sono dimenticato tutto quello che mi piaceva fare, mi sono dimenticato cosa vuol dire ridere di gusto, ho messo da parte tutti i miei progetti per te. E tu non te ne rendi conto, per te non è mai abbastanza.
Ma adesso basta, sai, sono stanco. Troverò un'altra donna, che mi ascolti e si interessi a ciò che desidero. Bella... non che tu non lo sia: dal primo momento che ti ho vista non sono riuscito a staccarti gli occhi di dosso... ma che dico! Sto divagando. Dicevo che troverò un'altra, una donna diversa da te, paziente, che rida delle mie battute.
Non voglio più stare con una persona che ridicolizza tutto di me e non fa che ripetere quanto sono infantile. Perché non mi hai lasciato se sono tanto infantile?! In questi anni sono stato il tuo cagnolino. Ora è finita. E non piangere, tanto non mi commuovo. Quando una cosa è finita, è finita, non c'è niente che si possa fare per... “
Gesticolavo allo specchio, da solo, quando ho sentito la porta di casa aprirsi. Sei tornata, questa volta sono deciso a parlarti, sono stanco di vivere nella tua ombra cara mia!
Lei sulla porta. Non so più se posso farcela. Il mio cervello segna '0'.
“Passerotto, ti aspettavo”
“Bene! Lo sai che...” Ottimo. Il coraggio di un leone, proprio. Ora parlerà tutta la sera, anche durante i suoi programmi preferiti alla tv, spegnerà sui miei. Perché non le ho detto niente?! Oh, sono proprio una frana, ha ragione lei. E forse non sono poi così convinto, forse è proprio per questo che non l'ho fatto: perché inconsciamente non voglio...
“Amore! Mi stai ascoltando?!”
“Certo tesoro, scusa, pensavo all'inconscio”
“Mai una volta che tu pensassi a me! E questa poi, l'inconscio! Sei il solito scemo...”

Gaia Ciullini - lachiarastella@yahoo.it



«…Tu sarai la mia principessa…».
Nel pronunciare quelle parole le sue labbra, di uomo che non deve chiedere mai, si erano mosse come quelle di un attore malamente doppiato.
Lo spirito dello scapolo incallito tentava di resistere alla drastica capitolazione dell’essere umano logorato della gastrite, causata da troppi “quattro salti in padella”.
Aveva appena fumato una sigaretta.
Abbassai gli occhi per celare la delusione. L’alito del principe azzurro, quando si dichiara alla sua amata, dovrebbe profumare di violette e di tigli. Almeno è ciò che pensavamo da bambine Alice – la mia migliore amica – ed io. Lei ha divorziato per la seconda volta e l’ultimo ex marito la tradiva con il giardiniere.
«…Vivremo felici e contenti…» aggiunse stringendomi a sé.
Davanti ai miei occhi passò una sequenza di immagini degne di un film dell’horror.
Se quella era la mia favola volevo venirne fuori il più in fretta possibile. Ero disposta a rifugiarmi anche nella casetta di paglia del porcellino più stupido!
Indietreggiai finché la mia schiena incontrò la fiancata del suo bolide, a due posti proprio come l’agognato destriero, ma di colore rosso e avido di benzina invece che bianco e ghiotto di carrube.
Perché dovrei desiderare di diventare la tua principessa?
Per indossare abiti scomodi, portare un diadema – che già soffro di emicrania – e annoiarmi tutto il giorno!
No, non sono nata per entrare in una scomodissima scarpetta n. 35; non intendo aspettare l’indolenza di un principe svampito che mi resusciti con un bacio e nemmeno terrò i capelli lunghi fino ai piedi – in un luogo dove non esiste il balsamo – perché li usi come ascensore, si costruisca una scala se tanto ci tiene a raggiungermi!
Figuriamoci se sono disposta a dormire su di un pisello, io i piselli li mangio con i fusilli e la panna!


Ludovica Mazzuccato
ludmazz@tin.it


Ore 03.00 “Non sono sparito”. Persi le sue tracce a Giugno quando gli dissi “Ti amo” e Lui reagì tossendo come colto da shock anafilattico; a Settembre avevo dispiegato la s.w.a.t. “E’ solo che non ti amo più”. Ma dai! Per Lui romanticismo era regalarmi fiori il Due Novembre (perché il giorno dei morti costano meno). “Sono cambiato ma sei stata un ottimo investimento di tempo”. Mi sentii un materasso in una televendita squallida e l’unico investimento che mi veniva in mente era il suo sotto un tir. Ero transitoria come ciò che si fa per tappare i buchi della noia: ero il suo Bostik. “Ora c’è Lei, che piace pure a mia madre”. Mia madre?! Ho sempre pensato fosse orfano, non mi ha parlato mai di lei. Quando confidai a mio padre il timore d’esser un po’ ALCE lui andò in cantina e lustrato il fucile disse “Torno subito”. Non so cosa fece, ma il giorno dopo Lui mi regalò un mazzo di fiori..e non era Novembre. “Grazie. Mi hai fatto capire cosa conta nella vita. Sarai uno dei miei ricordi più cari”. Forse un po’ di bene me ne voleva, ma di quel tipo pietoso che si rivolge a chi sta da schifo e che io avevo travisato; questo è il prezzo che paghi quando non hai amato o non sei stato ricambiato: ti accontenti di ciò che in realtà nessuno ti ha mai dato. Quando realizzai che la scoreggia detta Amore se ne era andata dal mio cervello, gli risposi cordialmente: “Volevi rassicurarmi che tu fossi ancora vivo?! Mah, avrei preferito continuare nel dubbio a pensare al modo in cui eri morto, piuttosto che avere il bisogno di ideare i modi più truci per uccidere te e quella donnaccia con cui mi hai tradita! Quando le cose ti andranno davvero male.. pensami, perché con tutte le maledizioni che ti sto mandando è impossibile che non ti capiti qualcosa!”.
Ore 03.06 Avevo ricominciato a vivere.

Dalila Pala
strabuzit@yahoo.it

Aveva lo stesso volto di Clarabella, la somiglianza balzava agli occhi con un minimo di spirito critico. E l’identica simpatia di Cicchitto. Ma questo l’ho scoperto dopo. Fortunatamente era troppo giovane, anzi è, perché non credo sia morta, per avere anche la tessera della P2. Però aveva un odore buonissimo, di quelli che ti fanno tendere il collo e puntare il naso, come quando da bambini si passava davanti a una rosticceria. Tanto bastò per accendere la scintilla. Poco? Lo so. Comunque fu un mese di clandestinità intenso, a spazzolare ogni briciola che la vita ufficiale lasciava per strada, ma anche un po’ traballante perché i letti Ikea costan poco ma sono quel che sono. Poi il lento affievolirsi: ogni sera un impegno, il cane da portare fuori a pisciare, forse soffriva di prostata anche se era femmina, gli amici che non vedeva da sempre, probabili astronauti, la cena pronta da tre ore che si raffreddava. Come ogni dama che si rispetti, per non lasciare, si fece lasciare. Tra le lacrime un’ammissione: “Ho bisogno di stare da sola”, frase originale, come sintonizzarsi su Isoradio e sentire “code sulla Salerno-Reggio Calabria”. Infatti aveva già fissato una vacanza con l’ex che non era mai stato tale, in un amen comprò casa e contemporaneamente iniziò a scopare col vicino, mostrando orgogliosa a lavoro le foto di lui nudo e test di gravidanza per fortuna (del genere umano) negativi. Morto un vicino, perché il babbo cominciava a insospettirsi, me ne faccio un altro. Passò infatti a quello di scrivania, uno dei miei migliori amici e così via. Un giorno, mentre son lì che rido ripensando ai suoi sproloqui di donna d’altri tempi, integerrima, su fedeltà e morale, si ferma davanti a me un collega giovanissimo. Mi guarda con il volto sbarbato, ma l’aria di chi già la sa lunga e sentenzia: “Te l’avevo detto io, che sotto le campane son tutte puttane…”.

Alessandro Bartolini (aleksandr@interfree.it)

I suoi occhi che ti guardano e tu li fermo, stordito , crederesti ad ogni parola di quella donna.
Anche quando dice cose senza senso, la morbidezza e la grazia di quelle labbra ti fanno ignorare l’ennesimo errore di grammatica.
La tua vita precipita improvvisamente in una serie infinita di “si, amore, certo” e la tua dignità galoppa pericolosamente verso il baratro.
“Svegliati ragazzo” , un sussulto che proviene dagli amici preoccupati. La risposta è “No dai, so quello che faccio … lei è una brava ragazza”. In questa frase c’è l’essenza della futura sofferenza. Nel 99% dei casi Queste sono le parole che conducono l’uomo alla sua totale alienazione.
Anche del portafogli s’intende. Notoriamente le brave ragazze sono attente a come il proprio uomo spende il suo denaro, faticosamente guadagnato a fronte dell’ennesima litigata col capo . Quella camicia? No! Quella proprio no, e poi hai tante di quelle camicie a casa. Quelle scarpe coi tacchi alti da mettere una volta ogni tre anni? Quelle si che daranno un senso agli armadi di lei e deprederanno lo stipendio del malcapitato.
E vogliamo parlare della capacità che hanno di renderti un uomo solo. Faranno scappare gli amici. Ti vorranno solo per loro altrimenti chi le accompagnerà all’ennesimo battesimo del cugino di quinto grado nel giorno della finale di Champions League? Non possono permettersi di fare brutta figura di fronte ai parenti ed urge un orsacchiotto con sembianze maschilida portarsi dietro.
Questo massacro durerà fino alla fine. E la fine arriverà con qualcosa del tipo :”Ti amo ma sei troppo per me”. Oppure “La colpa è mia non tua”. 3 anni per questa idiozia. Certo che è colpa tua. Mi hai reso un uomo solo, senza una lira, e mi hai anche vestito come un burattino.
E’ finita, iniziano i rimpianti con le annesse maledizioni sparate ai quattro venti. Ma in fondo la ricerca verso il prossimo guaio è già partita…

Alessandro Rossi
alessandrorrossi@fastwebnet.it



È lei. Finalmente ho trovato la donna che fa per me. Da quando mia moglie è scappata con il pescivendolo non ho più voluto rimettermi in gioco. Basta pesci in faccia, mi son detto.
Ma lei è diversa. C’è una tale sintonia che mi sembra di conoscerla da sempre. Si chiama Claudia, ha un fascino particolare, indefinibile, e una voce così calda e suadente…
Ho deciso: voglio presentarla a Luigino, mio figlio. Ha solo sei anni ma è molto sveglio e sensibile, saprà capire al volo se è la donna giusta per me… e per lui.
La invito a cena (niente pesce, tanto è vegetariana). Passiamo una serata piacevolissima, la conversazione scorre e lei ci sa fare con i bambini. Lui però è un po’ strano, ad un certo punto diventa insolitamente silenzioso e la osserva di sottecchi, come se la studiasse.
“È normale” penso, “è la prima volta che porto una donna in casa”.
Si è fatto tardi e lei se ne va, lasciandomi cotto come un pesce lesso.
Non vedo l’ora di sapere cosa ne pensa Luigino. Si sta arrampicando sulla libreria, per prendere uno degli album di foto di quando ero ragazzo. Gli è sempre piaciuto sfogliarli, ma chissà perché lo vuole fare proprio ora? Noto che va deciso verso l’album dei tempi del liceo, lo apre e sembra cercare una foto precisa. La trova. Mi avvicino a la guardo: sono io con un’altra persona che mi stringe la mano dopo una partita a tennis. Improvvisamente colgo la somiglianza: è in tutto e per tutto uguale a Claudia, ha anche lo stesso tatuaggio (a forma di squalo) sul dorso della mano. Ecco dove l’avevo già visto. La didascalia dice: “Io e il mio amico Claudio”. Mentre sento che il sangue mi si gela nelle vene, Luigino mi posa dolcemente una mano sulla spalla e mi sussurra: “Papà, mi sa che ti sei fatto un trans”. Quel giorno, neanche a dirlo, era il 1° d’aprile.

Sabrina De Bona (sabrina_debona@libero.it)

2 commenti:

  1. Sono esterrefatto, sembrano temi dell'asilo... E leggo cose del tipo "un sacco di tempo per me", un sacco. Questo è un concorso letterario o un diario di un adolescente? Ma li avete letti?

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  2. però!
    8 autrici donne su dieci, direi che è abbastanza ... come dire ... preoccupante?
    (Lucio)

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