venerdì 10 maggio 2013

I RACCONTI DI VENER dì - Francesco Sicilia




 Mia cara

Autore: Francesco Sicilia

Mia cara,
rubo pochi minuti alla distruzione che ormai sovrasta tutto per scriverti. Un nuovo attacco è previsto tra poche ore, i comandanti continuano a ripeterci (per provare a convincere almeno loro stessi?) che sarà un efficace attacco a sorpresa, ma in cuor nostro tutti sappiamo che è una missione suicida.
Vada come dovrà, lo sai che sono fatalista. Ricordi? È la prima cosa che ti ho detto, quando sei inciampata mentre mi portavi il whiskey al tavolo e buona parte del liquido si è rovesciata sulla mia divisa. Mortificata fin quasi ad essere spaventata, ti sei subito scusata temendo chissà quali conseguenze, ma ti ho detto qualcosa del tipo “Signorina non si preoccupi, anche questo fa parte del destino!” e siamo scoppiati a ridere. Una risata liberatoria, rarissima in tempi in cui ogni forma di libertà sembra scomparsa.
Ora scrivo sapendo di te ben poco (il nome, l’indirizzo, poco più) e temendo anche che queste righe non ti raggiungeranno. Ma vada come dovrà, è già scritto che questa lettera ti debba raggiungere o no. Sballottati da eventi più grandi di noi, è affascinante accorgersi di quanto i particolari più importanti si fissino con l’evidenza di isole rocciose nel mare in tempesta: tu; la tua meravigliosa risata dopo la paura; poche parole pronunciate a bassa voce dopo il tuo nome; il tuo corpo tutto teso ad ascoltare le poche pronunciate da me; l’indirizzo scambiato velocemente su instabili foglietti; i segni della penna disturbati dai troppi clienti da servire. Ma perché biasimarli, in fondo? Cosa potevano saperne, loro? Certi miracoli ci distaccano, il resto del mondo non può che essere estraneo.
Per un paio di ore, non di più, anche in questa vita ci siamo incrociati. È già avvenuto una o cento altre volte, in passato, e ancora avverrà in futuro. Continuiamo a tracciare il nostro disegno, mentre gli eventi storici – molto meno importanti di quel che di solito crediamo – scivolano via uno dopo l’altro.
Con ogni probabilità sto vivendo l’ultima giornata di questa vita (e il sole incerto sorto da poco sembra confermarlo), ma che importanza vuoi che abbia? Ti ho incontrata di nuovo, anche questa vita me l’ha concesso, tutto il resto sono particolari secondari che si dissolvono insieme agli eventi, tutti, per quanto fragorosi possano essere.
È stato un regalo della vita? Certo, e il più bello tra quelli possibili, ma senza sorpresa, perché tutto è come deve essere.
Con l’amore che sai da sempre, tuo Frederic


Questa “lettera-racconto” di Francesco Sicilia ci parla di eventi quotidiani, eventi epocali, e della loro “piccola” importanza rispetto a disegni che vanno ben oltre la singola esistenza. Poche righe tracciate e spedite nelle ultime ore di vita potrebbero sembrare qualcosa di inutile, quasi di ridicolo. Ma possiamo davvero sapere cos’è importante, in un contesto che abbraccia tutto, tutto comprende?
Francesco Sicilia invita ad un ottimismo “quieto”: quel «anche questa vita me l’ha concesso» mentre la morte si avvicina è un segno che si distingue, certezza che rifulge oltre qualsiasi dolore.
Tutto il tono della lettera invito a questa riflessione, con i suoi continui passaggi dal singolo gesto alla visione d’insieme. Ogni manifestazione di vita è questo: un particolare immerso nel generale, ad esso fa ritorno e da esso si distacca nuovamente per manifestarsi, ancora e ancora.

Per contattare l’autore: animusfrance@gmail.com  


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1 commento:

  1. Certo, e il più bello tra quelli possibili, ma senza sorpresa, perché tutto è come deve essere. Certamente non c'è nulla o poco da fare nelle situazione come quella descritta. Ma non credo che si possa accettare -tutto come già previsto-, quale sarebbe il nostro compito se nulla possiamo. Io credo si possa evitare che almeno questa lettera venga scritta da altri nella stessa situazione. E quello dipende da noi.

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