sabato 30 aprile 2016

"a che punto è la notte" al Liceo Scientifico ad Agropoli


L'Associazione "Officina delle 11" vi invita a visitare la mostra fotografica "a che punto è la notte" presso il Liceo Statale Scientifico "Alfonso Gatto" di Agropoli, in Via Dante Alighieri.
Il titolo "A che punto è la notte" rimanda a Isaia 21, 11-12: 
Mi gridano da Seir:
“Sentinella, quanto resta della notte?
Sentinella, quanto resta della notte?"
per dimostrare come la vita possa essere percorsa in due direzioni contrarie e parallele. La direzione della superbia (qui nella mostra rappresentata dal disastro di Fukushima del 2011) e la direzione della condivisione (rappresentata dal lavoro di Isi in America Latina, grazie alle fotografie dei volontari e quelle raccolte nel Calendario dell'associazione).

Sabato 7 maggio alle 17.00 ci sarà l'inaugurazione con gli interventi del preside, del sindaco e dell'assessore alla cultura, un evento aperto a tutti in cui è possibile visitare la mostra e conoscere le attività della casa editrice. 
Poi dal 9 al 13 maggio dalle 9.00 alle 12.30, verrà proposta alle varie classi dell'istituto la visita alla mostra, con la spiegazione delle foto e del lavoro. 
Sabato 14 maggio alle 11.00 ci sarà la conferenza di chiusura nell'Aula Magna del liceo scientifico con esperti del settore dell'energia nucleare e della cooperazione internazionale, in cui potremo incontrare più di 200 studenti. 

Per contatti:
Associazione Editoriale Officina delle 11
Agropoli (SA)
cell: 3801875176

venerdì 29 aprile 2016

I RACCONTI DI VENERdì - Elisabetta Mattioli


Aysha
  
Nel febbraio del 2008 mi recai con due amiche nell’isola di Zanzibar, che si trova di fronte alla costa orientale della Tanzania, pochi gradi a sud dell’equatore. La prima visita in questo piccolo angolo di paradiso risaliva al dicembre di venticinque anni prima, all’epoca ero una bambina e partii assieme ai miei zii. Però nel febbraio 2008 tornò in me una voglia irrefrenabile di tornarci, così presi armi, bagagli e, assieme a due amiche con i rispettivi figli, decollammo alla volta dell’isola delle spezie. Avevamo il volo per le ventitrè, ma all’ultimo momento sorsero dei problemi tecnici e decollammo con un paio d’ore di ritardo. L’atterraggio fu abbastanza morbido, dopo aver sbrigato le formalità doganali, andammo a ritirare le valigie. Mi accorsi subito che, in venticinque anni, la situazione era rimasta tale e quale. Vidi i bagagli stesi sopra ad una panca di legno d’ebano, i locali leggevano a voce alta i nomi dei viaggiatori, scritti sui cartellini attaccati alle maniglie. Purtroppo l’ormone somatotropo su di me non ha avuto risultati, decine di mani spingevano nella speranza di afferrare il mega trolley della situazione! Così una delle mie amiche si mise in “pole position”, riuscii a prendere subito la valigia.
I ragazzi dell’animazione erano pronti con le palette in mano, fuori dal piccolo aeroporto, ed una volta “confessati” i nostri nomi, salimmo sul pulmino, con direzione il villaggio turistico.
Non facemmo in tempo a compilare il voucher dell’albergo e a disfare le valigie, che avevamo già indossato il bikini. In men che non si dica, i piedi si trovavano già in spiaggia, sprofondati nella fine sabbia bianca di Kiwengwa.
Stefy (la ragazza che si era messa in pole position) pensò di crogiolarsi al sole, mentre io e Anto ci lanciammo in mare a nuotare. Restammo a “mollo” per un’ora; quando uscimmo dall’abbraccio dell’Oceano Indiano, fummo “invase” dal caloroso benvenuto dei ragazzi locali, che ci proposero una visita della città, gite in mare a prezzi davvero vantaggiosi rispetto al tour operator.
Io e Anto ci guardammo negli occhi, senza dire nulla alla “lucertola umana” (Stefy), prenotammo una sorta di pacchetto compresa la cena a base di crostacei, che sarebbe stata organizzata dai “beach boys” dopo cinque giorni. Stefy non fu entusiasta della nostra iniziativa, però alla fine accettò.
Quella sera ci vestimmo in modo sportivo: t-shirt, short chiari lunghi fino al ginocchio e scarpe basse. L’appuntamento fu fissato per le venti e trenta fuori dal villaggio, i “beach boys” furono puntualissimi.
Mi accorsi di un piccolo fattore… la direzione presa era opposta rispetto a quando andammo assieme a Stone Town due giorni prima, mi fece capire che non avremmo mangiato in città, ma da un’altra parte, però non dissi nulla alle mie amiche, per timore di spaventarle. Dopo venti minuti di tragitto raggiungemmo una casa in muratura. Scendemmo dal pullman ed i ragazzi ci accompagnarono a cena. Mangiammo all’aperto sotto la luce bianca della luna, il tavolo era illuminato da qualche candela. Il cibo fu squisito e l’aragosta, i crostacei, l’insalata di mare si scioglievano in bocca. Al posto del solito dolce ci servirono dell’ananas e le dolci banane rosse (ci sono in Tanzania e Kenya).
In quella “normalità” notai una piccola stranezza… a parte noi c’era un continuo via vai di persone, ci passavano davanti, dirigendosi dietro il caseggiato.
Di natura sono curiosa, non resistetti alla tentazione e seguii uno di quegli uomini. Scostò una tenda ed entrò all’interno della struttura, uscendone poco tempo dopo, una donna lo salutò con la mano. Non si accorse di me, quando fu lontano decisi di parlare con lei. Aysha mi accolse con un bel sorriso, rimanemmo sulla soglia di casa, senza nessun problema mi disse che “vendeva” il suo corpo al migliore offerente. Aveva tre figli, manco sapeva chi erano i padri, in ogni caso doveva pur mantenerli e di abbandonarli non ci pensava minimamente. La sua clientela era parecchio variegata, passando dai nativi dell’isola ad altri africani ed infine agli stessi europei. Mi disse che annoverava anche alcuni italiani, di solito erano gentili e li aveva incontrati più di una volta, perché amavano tornare da lei. Aysha parlava con una tranquillità incredibile, mi sembrava serena ed il suo atteggiamento mi disarmò.
Lei pensava fosse normale comportarsi in quel modo, non si sentiva sfruttata, né tanto meno in colpa, oppure “sporca”. Doveva mantenere i suoi bambini e prostituirsi era un lavoro come un altro. Il colloquio durò una ventina di minuti, decisi di non farle più perdere tempo prezioso perché il lavoro incombeva ed i clienti la stavano aspettando. Salutai Aysha e raggiunsi le mie amiche che erano preoccupate per me. Tornai al villaggio consapevole di avere abbattuto un’altra barriera mentale. Dopo il famoso febbraio 2008, rimisi nuovamente piede a Zanzibar, è un luogo che amo (non pensate male eh!).
Non dimenticherò mai Aysha e quello che ho imparato.
Ogni riferimento ai nomi è puramente casuale!

Chi è Aysha? Una donna sfruttata, una donna libera? Il racconto di Elisabetta Mattioli ci pone di fronte a “un nuovo modo” di vedere le cose, ci spiazza, ci sollecita a rivedere idee e concetti che, forse, sono pre-concetti. Il tutto, sempre nello stile “leggero” dell’autrice, che ci invita, con la sua scrittura, a “guardare oltre”.
Elisabetta Mattioli coglie l’essenza delle cose attraverso piccoli particolari che mette in evidenza, porgendoli al lettore con una scrittura garbata, attenta, lucida e consapevole di una profonda necessità: l’arte può e deve riscrivere, in un certo senso, il mondo della quotidianità. È un compito per l’artista, un compito che non conosce scadenze.

Per contattare l’autrice:  elyamatty@gmail.com

Della stessa autrice: La donna d’acciaio 

Scrivi racconti brevi? Questo è il concorso giusto per te.
 Leggi il bando del concorso


Per le tue poesie c’è Lunedì Poesia

mercoledì 27 aprile 2016

Ermanno Crescenzi a L'ArgoLibro: le foto

Domenica scorsa "L'ArgoLibro" ha ospitato la prima presentazione del nuovo romanzo dello scrittore ternano Ermanno Crescenzi, "Il muto grido dell'amore", Edizioni L'ArgoLibro.
Cliccate qui per leggere la pagina dedicata.
All'incontro, particolarmente coinvolgente, hanno partecipato la scrittrice e poetessa Arcangela Contessa e la giovanissima artista Maria Pia Garofalo, che tra l'altro è la protagonista della copertina del romanzo.
Ecco le foto dell'incontro. Vi ricordiamo che il romanzo di Ermanno Crescenzi è sempre in vendita presso la libreria L'ArgoLibro.















Alexander Drozdov: concerto evento ad Agropoli



Mercoledì 11 maggio 2016 il Teatro “Eduardo De Filippo” di Agropoli ospiterà un evento unico e meraviglioso: il pianista di fama internazionale Alexander Drozdov, da meno di un anno trasferitosi nella città cilentana, eseguirà un concerto di grande intensità, e ci renderà partecipi di un evento che niente ha da invidiare ai migliori teatri italiani o esteri.
Un programma da favola, che inizia con Scarlatti per chiudere con Mussorgskij, un’atmosfera magica, un pianoforte e una presentazione breve e dettagliata a cura di Gilberto Calindri.

I biglietti sono in vendita presso:

Libreria L'ArgoLibro
Viale Lazio, 16
(zona sud, adiac. Via Salvo D'Acquisto)

Interpreti & Protagonisti
Piazza Giovanni XXIII, 5

Botteghino del Teatro
Venerdì, sabato e domenica dalle 17:00 alle 21:00

Mercoledì 11 maggio 2016 ore 21:00
Teatro “Eduardo De Filippo”- Agropoli (SA)
Info: 3204964447 - 3358084804

lunedì 25 aprile 2016

Lunedì Poesia - Marco Del Bufalo



La vita

Tu, io, ognuno ha la sua vita annullata o viva,
prende il suo desiderato sapore,
il qualunque valore sente d'avere.
Unica essa ci avvolge tenendoci soggiogati a sé,
ci travolge nel suo destino, ci accompagna teneramente, furtivamente tra le onde impetuose di sé,
riesce a regalare piacevoli mondi,
oscuri sentieri,
va rispettata, va potenziata, è nostra.
Essa ci logora, ci premia, ci ruba i giorni, ci esenta dal bene, dal male.
È una vita che richiede rispetto
che festosamente o esasperatamente ci rende uomini.

Per contattare l’autore: marcodelbufalo1982@libero.it

Ragazzo diversamente abile che utilizza per scrivere una delle tecniche della comunicazione aumentativa alternativa.

La scrittura di Marco Del Bufalo sprizza energia e affascina, riesce ad “avvolgere” il lettore con accostamenti originali e immagini dall’ampiezza particolarmente accentuata. Anche i versi più lunghi conservano un ritmo armonico che è uno degli ingredienti fondamentali e irrinunciabili della poesia.
Marco Del Bufalo ci invita a riflettere sulla necessità di comprendere “il tutto” considerando vari punti di vista, varie prospettive: piacevoli mondi o oscuri pensieri, la festosità o l’esasperazione… immagini, queste ed altre, di grande forza comunicativa, tese ad una conoscenza che vuole superare le barriere della banalità. La vita è sorprendente, se ci lasciamo sorprendere da essa.

Dello stesso autore: Domani

Scrivi poesie? Leggi il bando di Lunedì Poesia

Per i tuoi racconti brevileggi qui il concorso adatto per te!


venerdì 22 aprile 2016

I RACCONTI DI VENERdì - Marika Addolorata Carolla


Provare a capire

“Mi impegno sempre in ciò che faccio. Uffa, sono stanca di non ricevere apprezzamenti.”
“Matilde, sei la solita. Cosa credi, che emergere sia facile? Ottenere dei risultati necessita di tempo, costanza, impegno.”
“Per te è così semplice dirlo, ma mi ritrovo io nella condizione di aspettare e ogni volta la solita delusione.”
“ Il tempo chiarisce anche a noi stessi se ciò che facciamo è solo una passione momentanea o un vero sogno. Il talento va esercitato. I miracoli non accadono per caso. Ogni azione, ogni gesto hanno una motivazione. Quanto più alta è l’intensità con la quale crediamo in qualcosa tanto più saremo motivati ad andare avanti, continuando a sperare.”
“Allora è anche una questione di rischi?”
“Tutto è un rischio, ma non per questo non viviamo, ci innamoriamo, sbagliamo. Nella vita nessuno ha delle certezze, ogni giorno non sappiamo come sia il tempo, le persone che incontreremo, le delusioni che ci colpiranno. Nonostante tutto non restiamo immobili, ma crediamo nel nostro piccolo di poter mutare qualcosa.”
“E se le cose non dovessero andare come vogliamo soffriremo e io non voglio.”
“La sofferenza a mio avviso è più bella della felicità. Ti permette di parlare con te stesso. Di dialogare con la tua interiorità, di crescere. Ogni volta, presi dai soliti impegni quotidiani, da mille preoccupazioni, non ci chiediamo davvero ciò di cui necessitiamo. Permettiamo che un ammasso di cose futili ci travolga e viviamo nell’infelicità di chi vorrebbe cambiare, ma non ha abbastanza coraggio. Lasciamo che siano gli altri a consigliarci, a decidere per noi cosa sia giusto o sbagliato, ma non ascoltiamo noi stessi. Quella vocina che risiede dentro di noi, che spesso soffochiamo: escludiamo. Anche tu stai sbagliando. Ti preoccupi così tanto di emergere come se fosse l’unica ragione della tua vita. Intanto hai abbandonato le tue amiche, lasciato Lukas. Sei così presa da te stessa che stai dimenticando di vivere, di provare emozioni.”
“È così facile parlare per te, zia. Sei stata più fortunata di me, prima era tutto diverso. E oggi, credimi, noi ragazzi non abbiamo niente, niente in cui credere. Per questo vorrei essere diversa. Vorrei avere il mio riscatto, conquistare la vetta.”
“ Mati hai ragione, adesso voi giovani siete così spaventati: così fragili. Non lo nego, la colpa è sicuramente della nostra generazione, che non è stata capace di lasciarvi un mondo migliore, ma esiste sempre una forma di riscatto. Non è detto che le cose debbano per forza andare nello stesso verso per sempre. Esiste il cambiamento e queste sono parole che dovresti dirmi tu. Cosa credi che non mi rammarico vedendo te così? Vedere giovani che hanno molte capacità essere esclusi, scartati dalla società? Osservo tutto e cerco di essere ancora un esempio per te, di starti accanto, di impegnarmi ad essere una buona cittadina. Di votare secondo ciò che per me è giusto, secondo i miei ideali, di limitare l’uso della tecnologia trovando tempo per un caffè al bar con un’amica, per una passeggiata al parco con la nonna. Sarò anche vecchia, ma non ti nascondo che odio i messaggi, e spero che l’uomo della mia vita sia capace di stupirmi lasciandomi una lettere nella buca della posta ogni mattina. Ti chiedo solo di aspettare, di essere paziente. Tutta questa fretta non serve a nulla. Arriverai dove vuoi solo quando sarai pronta. “
“Ok, ora vado al mare con Mikela, mi aspetta sono in ritardo. Sei la zia migliore del mondo, un bacio.”
“E quando avevi intenzione di dirmelo?”
“Veramente non c’è stato il tempo di organizzarci solo che è dalla scorsa estate che non ci vediamo. È tornata da Londra. Mi farà bene uscire, ho bisogno di svagarmi.”
“Ok, ma non farmi preoccupare, chiama quando arrivi e non fare ritardo.”
Non feci in tempo a pronunciare queste parole che sentì la porta d’ingresso sbattere. Guardai Mati dalla finestra della cucina, giù ad aspettarla c’era la sua amica Mikela. Nei loro occhi c’era la spensieratezza dei vent’anni, l’illusione di poter gestire tutta la vita con molta semplicità. Mi rividi in lei e sorrisi.
Andai in camera da letto e fui assalita da una leggera malinconia. Decisi di riaprire il vecchio album dei ricordi:  Mati era come me, lunghi capelli biondi occhi verdi, tanta testardaggine, voglia dei suoi spazi, voglia di rinnovare il Mondo. Avrei solo voluto tornare indietro perché, se è vero che avevo conquistato tutto, mi era costato tanto. Desideravo che lei  non commettesse i miei stessi errori, perché se io avevo imparato da sola, senza l’aiuto di nessuno. Mati meritava di meglio. Tutti i giovani necessitano di uomini capaci di essere portatori di esempio.  Amare qualcuno non è facile, si vorrebbe sempre preservarlo da ogni dolore, per questo continuavo a parlare, a starle accanto. Questa gioventù ha bisogno di essere ascoltata, compresa  e non giudicata. C’è bisogno di discernere cosa è giusto da ciò che è sbagliato, premiare i meritevoli, ricondurre sulla buona strada chi sbaglia.

Il racconto di Marika Addolorata Carolla, un dialogo diretto tra zia e nipote, è una profonda riflessione sulla contemporaneità, sul “vivere oggi” che spesso sacrifica affetti e piccoli piaceri all’altare di una fantomatica idea di “successo”. Matilde descrive alla zia un mondo in cui sono crollasti i punti di riferimento e possiamo emergere solo come singoli individui. Ma è davvero quella “giusta”, la vetta che lei tenta di raggiungere?
In “Provare a capire”, Marika Addolorata Carolla fa parlare tra loro due visioni che divergono in molti punti ma possono incontrarsi, forse, in una prospettiva che riesca a ricucire le spaccature generazionali. Illuminante è l’immagine finale della zia che risfoglia l’album dei ricordi, con un gesto che no n ha solo il sapore della nostalgia. È un gesto che parla all’oggi, all’ “ora e sempre” nel quale siamo tutti immersi.

Per contattare l’autrice: marikacarolla@hotmail.it

Scrivi racconti brevi? Questo è il concorso giusto per te. Leggi il bando del concorso

Per le tue poesie c’è Lunedì Poesia

giovedì 21 aprile 2016

Ivana Leone a Roccadaspide: le foto

Emozionante e particolarmente interessante, la presentazione di domenica scorsa, presso il Comune di Roccadaspide, della raccolta di poesie "Anima e follia" di Ivana Leone, Edizioni "L'ArgoLibro".
L'avvocato Gabriele Iuliano, Presidente del Consiglio Comunale, ha portato i saluti dell'Amministrazione.
Il dottor Giuseppe Longo e il dottor Matteo Lanzetta hanno proposto un'approfondita lettura critica dei testi, mentre Maria Luisa Limongelli ha letto alcune poesie scelte. Milena Esposito ha presentato l'incontro.
Qui trovate la pagina dedicata all'opera.
Un ringraziamento particolare va anche a tutti gli intervenuti. Ecco le foto dell'incontro.























mercoledì 20 aprile 2016

"Lizzie Siddal" a Salerno

Domenica 10 aprile a Salerno, presso il salotto letterario della professoressa Virginia Di Filippo, è stato presentata la pubblicazione "Lizzie Siddal" delle Edizioni L'ArgoLibro, una pregevole pubblicazione interamente dedicata ad Elizabeth Eleanor Siddal. modella, pittrice e poetessa dell'Ottocento inglese. Qui trovate la pagina dedicata all'opera.
A fare gli onori di casa, la professoressa Di Filippo e il professor Francesco D'Episcopo.
Ha introdotto Milena Esposito; la professoressa Antonella Nigro, critico d'arte, ha parlato dei quadri della Confraternita Preraffaellita, della quale "Lizzie" ha fatto parte; l'attrice Cristina Orrico ha dato vita a una performance dedicata a questa artista particolarmente affascinante, ancora oggi troppo poco conosciuta.
Ecco le foto.