venerdì 3 febbraio 2017

"L'oscura controdanza": una nuova recensione

Ecco una nuova recensione dedicata a "L'oscura controdanza", la splendida raccolta di Cristina Sparagana pubblicata da "L'ArgoLibro". Qui trovate la pagina dedicata all'opera, qui la pagina Wikipedia dedicata all'autrice.

Oh tristezza raccolta in un'eclissi ...

Una poesia "difficile" questa della Sparagana, da leggere con calma, con attenzione per cercare di comprenderla appieno. Una poesia curata nei minimi particolari, un verso ricercato, una costruzione studiata e mai banale, che richiede quindi la medesima attenzione da parte del lettore.
Ho riletto più volte questa silloge ed ogni volta mi è sembrato di afferrare il senso di un verso ad una prima lettura oscuro.
Una poesia ermetica, ricca di metafore, di "cromatismo verbale efficacissimo di colori" (come è stato giustamente scritto), di sguardi rivolti alla natura, al mondo animale.
"Un mare di cobalto singolare cucito
ad uno spasimo di cielo, dilavava
la costa, s'inoltrava sofficemente,
silenziosamente, nella sabbia
bagnata, la sfidava, una calma
avanguardia d'ippocampi dalle selle
slacciate, rosea sfida
nel loro fermo punto di domanda."
Ma soprattutto una poesia che si rifà al vissuto dell'artista, al suo intimo sentire, ai suoi dolori, alla sua memoria, alla sua nostalgia.
Toccante la poesia di apertura della silloge, dedicata al marito, che presenta subito una delicata metafora della fragilità della vita umana.

"Cremato. Eppure adesso sei sepolto in
un tenero luogo, come un fiore
o un merlo ripulito dai bambini
e posato al riparo di una foglia.
(...) e il tuo tacere
ha il fragile ronzio della locusta.
(...) Mi ricordo
i tuoi cani, quel fischiare, la mano
al vento, simile a un vapore."
O ancora le poesie dedicate alla figlia Chicchi, come Silenzio.
"Di che è mai fatto questo tuo silenzio?
Forse di stelle, forse di pivieri
o di fiumi mai più rimarginati?
Potessi carezzarlo come fosse
la testa di un poppante, o un chiuso fiore
dal groviglio di petali di neve.
O potessi sorbirlo in un bicchiere che
naufraga in un lago di cristallo.
Il tuo cupo silenzio, dolce tarlo che si
rintana, sera dopo sera, nell'arco
roseo del tuo sopracciglio.
Ti parlo, e sul tuo labbro esita un giglio
che subito appassisce nella grande
terracotta di un piccolo tramonto.
Volgi il capo, non guardi, hai il fiato corto
di parole non dette, di corsivi."
O ancora metafore ricche di accostamenti cromatici come "Da un giallore d'agrume sorge l'alba".
Poesia da centellinare, versi impalpabili che fluttuano come l'aria, da leggere nella quiete più assoluta, da far decantare per comprenderne appieno la portata. Perché scrivere poesia così eccelsa non è da tutti.
Aria Saracena

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